Pausa caffè al lavoro, in questi casi ti possono licenziare per giusta causa

A molti può sembrare incredibile, ma è possibile essere licenziati a causa della pausa caffé al lavoro, ecco quando questo è consentito per legge.

Ogni impiego può essere faticoso, sia che comporti uno sforzo prettamente fisico, sia che si tratti di un ruolo che richiede ragionamento e attenzione mentale. E’ proprio per questo che è più che naturale pensare a una pausa caffé al lavoro, utile per riposarsi, ma allo stesso tempo, se possibile, anche per chiacchierare con i colleghi, oltre che per distogliere gli occhi dal PC per chi lo usa per tutta la giornata.

pausa caffè al lavoro
A volte la pausa caffè al lavoro può portare al licenziamento – Bellamica.it

Questa è considerata un diritto del lavoratore, che secondo la legge ha la facoltà di staccarsi dal proprio compito per almeno 10 minuti per recuperare le energie psico-fisiche se la giornata di lavoro è di almeno 6 ore. Si ritiene che questa possa migliorare la qualità della vita e l’affiatamento, non può quindi che sembrare quasi irrazionale pensare che questa possa portare al licenziamento, invece è quello che può accadere.

Pausa caffé al lavoro e licenziamento: quando può accadere

Ogni lavoratore, sia dipendente sia libero professionista, ha dei doveri a cui assolvere a seconda del compito di cui si occupa, ma ha ovviamente anche dei diritti, che devono essere rispettati. Questo consente di migliorare l’ambiente in cui si opera e il suo livello di serenità, così che anche l’efficienza possa essere maggiore. Tra questi c’è certamente anche la pausa caffé al lavoro, considerata anche un momento di convivialità, oltre che un’occasione per staccare parzialmente la spina per poi riprendere con maggiore determinazione.

Esistono però dei casi ben precisi in cui quello che è considerato un diritto può addirittura trasformarsi in un’arma a doppio taglio, al punto tale da arrivare al licenziamento. Si deve quindi conoscere cosa si può fare per fare valere la propria posizione ed evitare di approfittarne di qualcosa che può essere positivo. Se si lavora dalle 8 alle 14, ad esempio, non si ha diritto alla pausa caffé al lavoro, anche se un capo può comunque concedere questa fase ai suoi dipendenti, mentre non si può prescindere da questo se il turno dura di più.

pausa caffè al lavoro
Non si deve abusare del diritto alla pausa caffè al lavoro – Bellamica.it

A decidere quando sia il momento di staccare, anche se per pochi minuti, è il responsabile a cui si fa riferimento, cercando di tenere presenti le esigenze valide secondo il flusso di lavoro. Non si può però pensare di rinunciarci e ottenere un plus aggiuntivo in busta paga, per questo conviene sempre sfruttarla sul momento, anche per evitare cali di concentrazione che possono portare a errori. In alcuni casi si può chiedere di restare sul posto, pur non dovendo fare alcuna prestazione lavorativa. Abusare di questa opportunità può però arrivare a subire gravi conseguenze, nei casi peggiori addirittura si può subire il licenziamento.

Questo può avvenire se la pausa sembra essere l’attività lavorativa che occupa gran parte della giornata, impedendo di svolgere i compiti per cui si è stati assunti. A que punto il datore di lavoro ha la facoltà di arrivare al licenziamento. Chi pensa di riuscire a farla franca perché non opera a stretto contatto con il capo, come è il caso di chi è fuori sede, deve stare attento, il provvedimento può scattare comunque.

donna licenziata
La gestione della pausa caffè può essere causa di licenziamento – Bellamica.it

Anzi, secondo la sentenza della Cassazione n. 20440/2015 è addirittura legittimo per il datore di lavoro installare un GPS per controllare le pause eseguite e la loro durata. Si tratta di una mossa che può scattare a tutela dell’azienda, che non può quindi essere contestata.

Sono diversi i casi in cui la decisione può scattare:

  • condotte reiterate;
  • natura fraudolenta della condotta (es. rientro in sede dopo lunghe soste e timbratura regolare del foglio presenze);
  • richiamo formale dell’ente committente;
  • altri precedenti disciplinari.
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